mercoledì 27 giugno 2007

-22 bis- IL POLIZIOTTO AMERICANO SUL BIDENTE

(da Santa Sofia a Corniolo, 15 km oggi per un totale di 386 km dalla partenza, media generale 4,7 km all'ora, ore camminate 83, dislivello di oggi da 125 metri sul livello del mare a 600, paesi attraversati Isola, Cabelli, Berleta)

Wilmer Casadei si presenta davanti a noi vestito come un poliziotto di Los Angeles anni Ottanta. Sembra uno dei Village People. Tutto nero, camicia nera col suo nome "americano", T.W.Barner, e i gradi di sergente sulla spalla sinistra, cintura non di ordinanza tutta metallica e con grande fibbia, pantaloni neri, con banda bianca, infilati dentro gli stivali nero da rodeo. Entra nell'Osteria di Berta, a pochi km da Corniolo, località Berleta, dove stiamo consumando uno spuntino a base di piadine preparate proprio da Berta mentre ci spiega che la sua casa si chiama Cafarnao perché così decise un giorno un vescovo palestinese di passaggio. Wilmer ordina un panino e una bottiglia di vino bianco. Non ha l'aria da sbruffone e nemmeno quella della caricatura dell'americano Alberto Sordi. Però non passa inosservato. Guardiamo fuori dalla vetrata. Ha parcheggiato la sua moto poco distante. Alla prima occhiata distratta ci sembra un'Harley Davidson. Ma c'è qualcosa che non va. La guardiamo meglio. Sembra un oggetto siderale. E' lunga quasi tre metri. Tutta carenata, non si vede una ruota. Usciamo per vederla meglio. Nella parte bassa, accanto alle pedaliere, ha una centralina elettrica piena di interruttori e di voltmetri che comandano una serie di luci al neon e di faretti stroboscopici che illuminano il perimetro della moto rivolte verso l'asfalto. A sinistra, davanti, ha la radio. Dietro, la fondina per la pistola. La pistola non c'è ma i proiettili si.

Sul manubrio fa bella mostra di sé il telepass. E' tutta nera ed appare anche a una visione approssimativa molto pesante. "Pesa trecento chili", dice Wilmer. "L'ho costruita io con le mie mani. Ci ho messo tre anni e mi è costata 36 mila euro". Giorgio che non capisce una mazza di motociclette esclama: "Chissà quanto corre!" Wilmer lo guarda con disprezzo. "Teoricamente potrebbe andare a 195 km all'ora". "E perché non ci vai?", incalza Giorgio. "Questa è una moto fatta per andare lentamente. Io ci vado al massimo a 110, in autostrada". Abituati come siamo da qualche giorno a scansare bolidi tutti piegati in curva pilotati da tanti similValentino incoscienti abbiamo subito un moto di irresistibile simpatia per Wilmer. E ci facciamo raccontare tutto. "Sono un insegnante di sostegno per ragazzi con problemi. Ma sono anche nel ramo alberghiero. Ho moglie e un figlio a Cesena. Ho una Porsche, ma vado piano anche con quella. Non sono un birro". Sul birro sia io che Giorgio abbiamo un attimo di sbandamento. Come tutte le volte che ci imbattiamo in una parola nuova, scegliamo la strada dell'approfondimento. Wilmer ci aiuta. "Birro è lo sborone romagnolo, quello che fa il figo con le donne esibendo soldi, macchine e lusso. Non va in Porsche, va in Ferrari, macchina orrenda, scomoda e pericolosa". Ma perché sei vestito così? La domanda ci scappa ed è una domanda politicamente scorretta. Siamo noi i primi che ci secchiamo quando qualcuno ci chiede il perché della nostra "lunga marcetta". Ma Wilmer ci risponde tranquillo. "Avete visto la moto? Posso salire su una moto del genere vestito con un gessato e la cravatta?"

Giorgio continua a guardarlo come un marziano e anche io, che il mondo delle moto un po' lo conosco, sono interdetto. Wilmer rilancia. Ci dice che va in giro sempre solo ("io, la moto e un libro"), che studia i testi buddisti, e che sale su queste montagne non solo per l'aria fresca, per le fonti, per i prati ma perché l'anima va portata in alto. Poi ci guarda e dice: "Ma perché, non siete d'accordo?" A questo punto ci conquista definitivamente. Scatta il nostro solito innamoramento. Ma stavolta c'è qualcosa di più. Questo è un incontro fra simili. Non siamo certo noi, conciati come siamo, diretti a Roma a piedi, a poter dare patenti di normalità a Wilmer che, giustamente, guidando una moto da poliziotto, è vestito da poliziotto. E lui ci sorprende ancora. Ci domanda: "Ma voi chi siete?" Noi rispondiamo in automatico. "Siamo due coglioni che non sapevano che fare questo mese". E lui, serissimo: "No, voi siete due persone per bene". Mi passa velocemente per la testa una proposta indecente. "Posso farci un giro?" Non ho il coraggio di chiederlo anche se sono un vecchio motociclista fanatico di Bmw. Wilmer probabilmente me lo legge negli occhi e comincia a descrivere la difficoltà di guidare una moto del genere. "Prendere una curva con questa è un'arte. Bisogna lavorare continuamente di frizione. Entrare in una curva con la velocità troppo alta vuol dire non riuscire a piegare. Ma se entri con una velocità troppo bassa la moto ti crolla a terra. Basta un attimo" Passano due ore con queste chiacchiere. Girano attorno a noi anche a quattro o cinque vecchietti allibiti che intervengono nella conversazione con risultati spesso comici. Ma la situazione esplode quando La Laura e Matteo Caccia ci chiamano per il collegamento con Barabba. Proprio in quel momento arriva un altro motociclista, questa volta vestito tradizionalmente da motociclista, in sella ad una Bmw. Scende e mi viene incontro. "Sono Franco, di Cura di Vetralla". Il poliziotto Wilmer, i vecchietti sempre più incuriositi e desiderosi di capire, Berta che ci porta il caffè, La Laura e Matteo che urlano nel telefonino che non prende, Franco che cerca di spiegarmi che è partito due ore fa da Cura di Vetralla per salutarci un attimo e che deve tornare subito a casa. Una scena da delirio. Se un regista volesse crearla dovrebbe faticare sette camicie. Io e Giorgio, un po' stupiti, un po' contenti, ma sicuramente convinti di stare vivendo un momento da Helzapoppin, portiamo a casa miracolosamente il collegamento con Barabba. Poi, un attimo dopo, ci troviamo di nuovo in silenziosa marcia verso Corniolo. Senza Franco che ci ha dato appuntamento a venerdì quando verrà a camminare con noi per tre giorni, senza Berta, alla quale abbiamo appena fatto in tempo a pagare il conto, senza i vecchietti che staranno ancora lì a commentare la loro "giornata particolare". E senza Wilmer. Ma nel silenzio riconquistato ecco il rumoro molto soft e rispettoso dell'astronave del professore di Cesena. Scala le marce, rallenta, ci supera di poco, giusto il tempo per permetterci di sorprenderci perché non sta ascoltando musica heavy metal ma gli Stadio come un coppia di innamorati di buone maniere. Poi apre il gas, lo shuttle prende quota dolcemente. Lui ci urla qualcosa. A Giorgio sembra: "Viva l'America, abbasso il comunismo". A me sembra: "Abbasso l'America, viva il comunismo". Non lo sapremo mai, o forse lo sapremo molto presto. La sua ultima frase è: "Arrivederci. Due come voi li incontrerò sicuramente di nuovo sulla strada".

Marciamo in leggera salita, ma veramente leggera anche se continua. Siamo partiti alla quota 125 di Santa Sofia e puntiamo ai 600 di Corniolo. Stamattina a Santa Sofia visita alla libreria edicola di Orfeo per gli ultimi saluti e poi spesa al supermarket, panini col prosciutto cotto, le solite banane per Giorgio e le solite mele per me. Rivoluzione nella nostra dieta, niente più pomodorini. Si spiaccicano e il succo si sparge per ogni dove. All'uscita di Santa Sofia incontriamo il primo cartello che indica la direzione di Roma. Un fremito e poi scopriamo che noi andiamo nella direzione opposta. Il cartello ci porterebbe a Mercato Saraceno, sulla E45, la Cesena-Orte. Ormai abbiamo percorso quasi 400 km, sembra impossibile a pensarci ma è così. L'obbiettivo che abbiamo in testa da parecchi giorni è passare dall'altra parte degli Appennini. Arrivati in cima al passo della Calla imboccheremo questo mitico sentiero 00 che percorrendo il crinale ci porterà verso la Toscana. Ce ne hanno parlato tutti molto bene. E' bello, è fresco, è facile, è ombreggiato ed è in leggera discesa. A me, legato a vecchi pregiudizi, sembra un po' ridicolo con quel nome da gabinetto. Stiamo facendo in questi giorni tappe più brevi, quasi rispettose del nuovo ambiente e timorose di quella che tutti ci indicano come una discreta fatica. Ma almeno per oggi notiamo solo una strada senza traffico e un paesaggio molto bello tra boschi, casali e torrenti. Il tutto in un silenzio che ci regala una discussione di quelle inutili e oziose. Ci accorgiamo che non sappiamo distinguere un grillo da una cicala. La colonna sonora che ci accompagna è opera di migliaia di grilli, come sostiene Giorgio, o di migliaia di cicale, come sospetto io? Andiamo avanti per una decina di minuti prima di decidere con un compromesso risolutorio: "Chissenefrega. E' bello così".

Vediamo molti torrenti. Si chiamano tutti Bidente. Ma quanti Bidenti ci sono? In tutte queste valli scopriamo sulle cartine il Bidente di Ridracoli, quello di Corniolo, il Bidentino, il Bidente di Strabatenza, quello di Pietrapazza, quello delle Celle e il Bidente di Campigna. Stufo di questa multipla identità, dopo Meldola il Bidente decide di cambiare radicalmente nome e si chiama Ronco. Poi, soddisfatto, sfocia nell'Adriatico. Ma prima disseta mezza Romagna. Vediamo sia la centrale elettrica che l'impianto di potabilizzazione. Non vediamo, almeno per oggi, il grande lago di Ridracoli e la diga artificiale finita di costruire nel 1982. Speriamo solo di poterlo vedere una volta in cima al sentiero 00. Ci piace per adesso ammirare la maniera cortese e silenziosa con il quale la modernità e lo sviluppo si sono rapportate all'ambiente.

Molte telefonate: Lo Surdo, mio compagno di scuola alle elementari della Guido Alessi di Roma, ci annuncia il suo arrivo all'ultima tappa. Corrado di Arezzo, dice che arriverà uno dei prossimi giorni, Sara, la maestrina di Faenza, ci ricorda di andare a mangiare da Gigino, il ristorante del marito della sua amica Elena. Cristina, altra amica di Sara, ci manda una lectio magistralis sul sentiero 00 dove potremo ammirare il volo dell'aquila reale e la cacca del lupo. Anna dice che ci invidia. Adamo si limita ad un laconico: "PACE". Silvia, la guardiana dell'Ostello della Gioventù di Santa Sofia, ci chiama per avvertirci che Giorgio ha dimenticato i pantaloni da sera. Ce li farà arrivare a Corniolo, insieme a un rifornimento di Compeed per la nuova Vescicona e di batterie per il Garmin che consuma più di una Suv. Arianna di Perugia, l'organizzatrice del festival del giornalismo, ci annuncia il suo arrivo a Città della Pieve con la sua maglietta autoprodotta perché, dice, la nostra fa sinceramente cagare. La nostra maglietta, che invece è stupenda, ha un successo incredibile. Sono molti i lobbisti che ce la chiedono e le prime sono già partite.

Comunicazione di servizio: da domani i cellulari stenteranno a funzionare. Solo i Vodafone forse ce la faranno. Ma, ci assicurano, gli sms, chissà perché, arriveranno. Quindi, messaggini a tutto spiano. Ma la pubblicazione di foto, video e forsanche diario quotidiano potrebbe subire qualche rallentamento.


Tutte le foto di oggi.
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1 commento:

Isabella Guarini ha detto...

Osservando Wilmer mi vien da pensare che l'Emilia Romagna sia la Los Angeles d'Italia, non solo per lui ,ma per tanti altri personaggi che ci avete fatto conoscere. Anche la vigilessa, con cui stavate as small fireclay cup has small fireclay cup, per me è un esemplare sconosciuto nella metropoli partenopea. vedremo dopo la traversata dell'Appennino quale America ci proporrete.Bye, bye, per non esser da meno.