-21 bis- I LANZICHENECCHI BUONI
(da Cusercoli a Santa Sofia, 18 km oggi, 371 km totali, media generale in movimento 4,7 km all'ora, ore camminate 79, paesi attraversati Nespoli, Civitella di Romagna, Galeata)
Nel 1527 i lanzichenecchi risalirono la valle del Bidente diretti a Roma. Le popolazioni li guardavano un po' e non si opponevano al loro passaggio, anzi si arrendendevano subito. Loro ringraziavano violentando tutte le donne e massacrando tutti gli uomini. Gli abitanti di Santa Sofia, che non erano stupidi, decisero che tanto valeva non arrendersi, e cominciarono a menare le mani e anche di più. Nemmeno i lanzichenecchi erano stupidi e dissero: "Che ci frega di quelli di Santa Sofia? Cambiamo strada". Presero a sinistra e in vicinanza di un passo, fecero i soliti casini. Da quel giorno il passo si chiamò "Carnaio", indovinate perché.
Noi risaliamo la stessa strada, con atteggiamento un po' più amichevole. E infatti nessuno ci respinge all'arrivo a Santa Sofia. Anzi sono tutti molto cordiali. E così invece di andare al Carnaio, possiamo programmare la salita al passo della Calla e conseguente discesa a Camaldoli.
Ma andiamo con ordine e ripartiamo dalla mattina. Ci svegliamo alla Locanda del Cantone completamente abbandonati. Avremmo dovuto capirlo già ieri sera che aria tirava quando ci hanno chiesto di pagare tutto in anticipo. Facciamo perfino fatica a trovare una porta di uscita non chiusa a chiave. Una volta fuori, colazione, rifornimenti di frutta e sosta ormai di prassi in farmacia. Ne usciamo con una scorta di Polase per un anno, un antibiotico per Giorgio e new entry, il Blunorm, specialità del tutto inutile che il farmacista sostiene essere indispensabile contro la mia evidente ritenzione idrica (dopo 370 km di cammino sono ingrassato di quattro chili).
Partiamo alle nove e mezza, quasi un record. Abbiamo di fronte 16 km, tappa facile che vorremmo concludere entro le due. Non fa molto caldo ma c'è tanto vento. Io godo e Giorgio soffre in un continuo spogliarello e rivestimento. E' un turbinio di maglietta a maniche corte, maglietta a maniche lunghe, giacca a vento. Io procedo orgogliosamente con la mia t-shirt.
La tappa ha un protagonista nuovo, quasi un compagno di viaggio, silenzioso, non invadente e nemmeno fastidioso. Ma costante e presente accanto, dietro e davanti a noi. E' il Grande Tubo Verde. Una lunga infinita ferita tonda nella valle del Bidente che come un fenomeno carsico esce dalle montagne, percorre qualche decina di metri all'aria aperta, a volte sostenuto da ponti sospesi, a volte appoggiato a terra e poi improvvisamente scompare inabissandosi chissà dove per poi risorgere qualche decina di metri oltre. E' l'acquedotto di Romagna Acque che prende l'acqua dal bacino artificiale di Ridracoli e dopo averla trasformata in energia elettrica e averla potabilizzata, la porta nei campi e nelle case dei romagnoli. Il Grande Tubo Verde è la fonte maggiore di sostentamento per le amministrazioni pubbliche di questa zona. Una volta c'era anche il Pollo Del Campo, una cooperativa molto avviata che è stata messa in ginocchio dal crollo del mercato conseguente al panico dell'aviaria. Adesso fa parte del gruppo Amadori. Polli e soldi prendono un'altra strada.
E' proprio davanti al grande stabilimento della Del Campo che ci sorprende un improvviso cambiamento climatico. Io lo definirei un "tornado" ma Giorgio dice che esagero sempre e mi invita come al solito alla moderazione. Ci fermiamo e indossiamo le mantelline per evitare di arrivare fradici alla meta. Non sarebbe la cura ideale per la febbre sempre in agguato nel debole corpo di Giorgio. Poco prima del pollificio abbiamo anche un'altra sorpresa. Una ragazza ci aspetta a bordo della sua macchina sul ciglio della strada. "Voi siete i camminatori", dice. Giorgio la guarda con ammirazione. "Che sagacia. Visto come siamo vestiti poteva prenderci per vigili urbani". Ma Agnese è carina e gentile. Ci fa tanti complimenti e ci racconta che lavora nel Museo della Diga di Ridracoli. E' una caterpilleriana convinta e ha saputo di noi ascoltando Radio Due.
La statale 310 è percorsa da moderni lanzichenecchi su quattro ruote che mostrano la stessa ferocia di quelli antichi modificando solo all'ultimo la loro traiettoria qualche nanosecondo prima di stirarci. Ma è una strada anche piena di storia e di siti archeologici. La villa di Teodorico, che adesso bisogna chiamare Teoderico, l'antica città di Mevianola, il sito di Panetto e le continue rocche medioevali. Sono molte le campagne di scavi che vedono impegnati gli archeologi dell'Università di Bologna. Santa Sofia è stata fino a pochissimo tempo fa, meno di un secolo, terra di frontiera. Da una parte, fino al 1929, c'era il Granducato di Toscana. Dall'altra, lo Stato Pontificio. Forte è anche la presenza di Lui, il Duce. Molte strade, molte contrade, le ha fatte Lui. A pochi chilometri in linea d'aria ci sono Predappio, Carpena, Rocca delle Caminate. Le amministrazioni ultrarosse romagnole non si sono affannate a cancellare il ricordo e i segni di Mussolini. Anzi, intelligentemente, le ricordano negli opuscoli turistici.
Arriviamo a Santa Sofia in perfetto orario, alle due, nonostante la pioggia. Mi presento all'Albergo della Gioventù e faccio notare con orgoglio a Giorgio che non fanno una piega ad accettarmi. L'ostello è bello, accogliente e costa poco. Silvia è bella e accogliente. Ci presenta mezza Santa Sofia, ci trova gli alberghi per i prossimi giorni e la cena per la sera. Ceniamo al Fischio, terrazza sul fiume e sulle oche, un freddo mica da poco. Intervistiamo Fabio, l'assessore al turismo. Tenta di spiegarci perché Santa Sofia si autodefinisca "Città slow", cosa che aveva entusiasmato due camminatori lenti come noi. Conosciamo Orfeo, il libraio ed Oscar, corrispondente del Resto del Carlino.
Durante la mattinata mi ha telefonato Lucio Zampino, 72 anni, mio primo redattore capo ai tempi di Nevesport. Mi dice che lui, ormai residente a Campobasso, gira l'Italia in bicicletta. Ci scrive Francesca da New York che ci comunica la notizia: "Grazie a voi ho cominciato a correre ogni giorno un po'", Poi Antonella, Domizia, le ragazze padovane che minacciano una sortita venerdi e sabato. Facciamo il secondo collegamento con La Laura e Matteo Caccia per Barabba (Radio Due). Appuntamento per domani alle 14.
Bollettino medico: riprende la vescicosi di Giorgio. Debellate le prime tre, non riesce ad evitare la sfolgorante entrata in scena della Vescicona, una gigantesca bolla, particolarmente schifosa e gonfia, dietro il tallone del piede destro. Scatta il pronto intervento autogestito. "La vescica è mia e la gestisco io", dice Giorgio. Affonda l'ago con impeto e coraggio, la fa scoppiare e la riduce per il momento all'impotenza. "Domani è un altro giorno. Ci penserò domani". E va a dormire.
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1 commento:
Cari CSF e GL, vedo che vi siete ripresi bene e che avete ricaricato lo spirito che mi diverte molto.Ma, horror vesicae! Io avrei mollato alla prima!
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