lunedì 25 giugno 2007

-20 bis- RIPRENDE LA MARCIA

(da Meldola a Cusercoli, km totali 353 dei quali 13 oggi, media generale 4,6 km all’ora, ore camminate 76, paesi attraversati San Colombano, Gualdo)

Lo so, vi abbiamo spaventato. Ci sono arrivate tantissime mail, tantissimi sms e tantissime telefonate per incitarci a non mollare. Ma che senso ha incitare uno che ha la febbre? Con il termometro che andava su e giù come le colline imolesi (splendide le metafore di Giorgio quando la febbre supera i 38 gradi) non potevamo che fermarci e aspettare il responso dei medici. La cosa non ci ha fatto poi tanto dispiacere visto che eravamo capitati alla Colombarina, agriturismo di grandi livelli culinari e di basse temperature ambientali. Oggi però dopo due giorni di sosta e di convalescenza, decidiamo di partire dopo frenetiche consultazioni sul tema: sarà un rischio? La prima notte senza febbre ci dà coraggio e speranza. E anche un po’ di incoscienza. Basta una notte senza febbre per affrontare gli Appennini? Non sarà meglio aspettare ancora un giorno? Alla fine decidiamo di partire, ma aspettiamo le sei e mezzo di sera quando il caldo, il sole e l’asfalto sono più pietosi. Nel frattempo monitoriamo la temperatura di Giorgio. Mattino: 36,6. Mezzogiorno: 36,8. Pomeriggio: 37. I consigli per come superare la crisi febbrile di Giorgio sono diventati lo sport preferito dei nostri sostenitori e superano ormai di gran lunga i consigli sull’itinerario da seguire per scavallare gli Appennini. Dal “fottetene, alzati e cammina, domani passa tutto, è solo stanchezza”, al “è un virus che gira, ce l’ho anche io, è uno streptococco e passa fra tre giorni”, all’inquietante “è sicuramente una meningite, ti fa per caso male il collo?” Queste le diagnosi e le prognosi. Per la terapia andava forte la tachipirina, seguita a ruota dall’aspirina e, ultimo ma non meno importante, l’intramontabile antibiotico. Io impongo una soluzione suggerita da mia moglie, olio di semi di pompelmo. Giorgio accetta ma sento che lo fa solo per quieto vivere convinto che bene non farà ma nemmeno male. Di nascosto continua a prendere la sua amata tachipirina che io sospetto abbia sempre preso, dal primo giorno. E’ la sua epo. Aggiunge il Polase visto che quando avevo la febbre io, con Polase e tachipirina, avevo debellato il male in una sola notte. La conversazione verte ormai solo su temi medici. Giorgio si misura ogni mezzora la febbre e i battiti. Io, per emulazione, per spirito agonistico e anche un po’ perché non c’è niente altro da fare, mi accodo. I battiti diventano il nostro gioco preferito. Li cronometriamo col telefonino. Sulla febbre mi frega sempre. Ma sulla frequenza cardiaca c’è più incertezza, a volte vince lui a volte vinco io. Io misuro i battiti sul polso, con atteggiamento professionale. Giorgio li controlla sul collo e sembra un aspirante suicida che vuole terminare la sua vita strozzandosi. Approfittiamo di questa fermata di due giorni per curare meglio il corpo affaticato. Le vesciche di Giorgio sono ormai un ricordo. E le gambe non fanno più tanto male. Ogni tanto io scopro di averle gonfie e allora mi metto a letto con i piedi in alto. Spero che facendo così si sgonfino ma non so perché. Giorgio continua con i pediluvi verdi e freddi ma si lamenta perché l’acqua che esce nel bidet gli sembra tiepida. Non si riesce a capire se si tratta di una temperatura percepita o reale. Io faccio ricorso a tutte le creme possibili. Quella che decongestiona, rivitalizza e profuma il piede, quella che lo ammorbidisce, quella con la quale massaggio i polpacci, quella per l’eritema che ormai sta passando. Abbiamo quasi abbandonato la crema solare protezione 40. Siamo abbronzati come i ciclisti, trenta cm di braccia, il collo, la faccia, i polpacci fino a poco sopra il ginocchio. Giorgio dice: “Sarà terribile la prova costume”. Insomma si parte. L’addio è di quelli strazianti. L’innamoramento che ci coglie quasi sempre (e l’ultimo è sempre quello più coinvolgente) stavolta sedimenta - come direbbe Massimo Cirri – una “convivenza” di ben tre giorni, un’eternità per i nostri ritmi da una botta e via. Franco in questi tre giorni ci ha nutrito, curato, ha prevenuto ogni nostro desiderio, ha trovato un dottore in cinque minuti, è andato a comprare il succo di pompelmo per il malatino, ci ha fatto trovare i giornali il mattino presto, ci ha proposto ogni volta un menù di largo respiro solo per noi. Ci ha trattato non come figli ma come amanti. La sera, davanti all’ultimo bicchiere di albana, ci ha raccontato di quando era bambino, dei tedeschi che scappavano, dei fascisti che torturavano e uccidevano. “Lì, proprio lì, davanti a questa casa, torturarono il medico tutta la notte e poi ancora vivo lo trascinarono in paese attaccato alla macchina e poi, ancora vivo, lo buttarono giù dal ponte”, racconta e si deve fermare per non piangere, col groppo in gola. Ci ha raccontato anche la sua vita da carabiniere, gli inizi in giro per l’Italia poi in Sardegna, la regione che gli è rimasta nel cuore e anche nella coscienza, ricordando tutte le volte che la legge barbaricina si scontrava con la legge dello Stato e non era poi così facile stabilire quale fosse meglio. E poi il ritorno a casa, comandante della stazione di Argenta, a fare il maresciallo burbero ma bonario, quello che non mandava in galera inutilmente la gente ma faceva rigare tutti dritti. Eccoci a salutarlo, ad abbracciarlo. Siamo rammolliti oppure questa nostra “lunga marcetta” così insolità ci abbassa le difese emotive, elimina la scorza del cinismo e ci consegna indifesi e disponibili a qualsiasi incontro con la gente che ci piace? E’ singolare come le nostre andature lente provochino infatuazioni veloci. Le gambe vanno a 5 all’ora, il cuore a mille.
Tredici km, dall’agriturismo di Franco alla Locanda del Cantone di Cusercoli. Dobbiamo ritornare indietro per i due stramaledetti km che tre giorni fa abbiamo percorso in salita, sudati come i cavalli alla fine del palio di Siena. Giorgio affrontando gioiosamente la discesa, se ne esce: “E’ incredibile come la stessa strada, presa da direzioni diverse, dia impressioni diverse”. Penso: è filosofia o febbre? Ma Giorgio insiste: “Tre giorni fa questi due km mi sembravano l’inferno”. Non è né filosofia né febbre. E’ Giorgio.
Prendiamo la statale 310 del Bidente. Sono ormai scomparsi da tempo i campi di mais e anche gli albicocchi, i peschi, i prugni, i peri che ci hanno accompagnato fino ad Imola e Faenza. Ormai è rimasta quasi solo l’uva. Accanto alla statale le solite villette del geometra che non ci hanno abbandonato dal vicentino in poi. Sembrano sempre tutte disabitate, hanno un perfetto prato verde ben rasato, un petulante cagnetto di piccola taglia che ci abbaia con convinzione e tante casette di plastica, tanti miniscivoli di plastica, tante piscinette di plastica gioia di bambini che peraltro non vediamo mai. Sembra una continua minigardaland privata. La statale 310 del Bidente è una roulette russa. Le macchine e le moto, più ancora dei camion, la percorrono a velocità insensate, sfiorando il guard rail e attentando alla nostra vita. Franco ci aveva avvertiti. “Camminate a sinistra e possibilmente sull’erba”. Ma l’erba non c’è. Solo quando la strada si allarga ci rendiamo conto che il pericolo è scampato. Mi accorgo che Giorgio cammina molto forte, sopra ai 5 km all’ora, nostro limite di velocità. Lo fa tutte le volte che è stanco e non vede l’ora di arrivare alla doccia, alla cena e al letto. Giovanni l’altro giorno gli aveva detto: “Come Pantani. Quando gli chiedevano come mai andasse così forte in salita, lui rispondeva: “Perché non vedo l’ora che finisca””.
Arriviamo a Cusercoli in un lampo. Facciamo tredici km in due ore e mezza. Media sopra i 5 km all’ora. Giorgio si misura la febbre. 37,4. Io dico: “Poteva andare peggio”. Lui dice: “Poteva andare meglio”. Il solito bicchiere pieno a metà. Sta di fatto che si decide che domani andremo a Santa Sofia, gli ultimi 16 km prima delle salite vere dell’Appennino. Ci accompagnano i messaggi e le telefonate di Fulvia da Genova, Katia da Schio, Ceratti da Cusano Milanino (ci dà appuntamento all’eremo di Camaldoli), Alberto Oldrini, Federica, la veterinaria di Milano, Silvia da Milano, Luca di Ciaccio da Gaeta, Alberto che ci manderà miracolose barrette di integratori, Silvia da Modena e il cuoco Nico di ritorno dall’Europa dell’Est.


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4 commenti:

Anonimo ha detto...

Grandiiii!!!
Eh sì che ci avevate spaventato...
Nei vostri occhi ora c'è nuova forza: avanti così!
Un abbraccio

Vale ha detto...

Evviva i nostri eroi!

Isabella Guarini ha detto...

Come vada vada, per me Gl merita la Corona ferrea, per la prima volta. CSF già è re proclamato. Così siete alla pari.

Anonimo ha detto...

alegher.....alegher....