mercoledì 13 giugno 2007

-11 BIS- LA VIA DEI CAMION


I camionisti sono dei nemici o degli amici? Il dilemma ci accompagna da quando siamo partiti e non si intravede finora una soluzione. Ma il fatto che stiamo ancora scrivendo significa perlomeno che proprio nemici non sono. La cifra di questa nostra "lunga marcetta" seguendo la "retta via" potrebbe essere da qualcuno individuata nel senso dell'ambientalismo, dell'amore per la natura, della ricerca di una vita più sana, più ecologica, più verde. In realtà molti fanno cose del genere percorrendo le strade collinari dell'Umbria, oppure attraversando trasversalmente le Alpi. Brizzi, del quale ormai vorremmo non parlare più, ha scelto l'attraversamento degli Appennini dal Tirreno all'Adriatico, incontrando cani, cinghiali, guadando paludi, attraversando campi arati, perdendosi tra tratturi e sentieri improbabili. Lui sì che si è trovato a diretto contatto con la natura primordiale. Noi, no. Di fronte alla scelta fra bello e diritto abbiamo impostato come priorità la "retta via". Perché? Boh. Una scelta vale l'altra. Forse perché abbiamo degli impegni improrogabili. Giorgio ha Sergio Ferrentino e Marco Ardemagni che lo aspettano con Catersport a fine agosto. Io devo andare a Salina. Con la "retta via" dovremmo farcela in un mese. Ma la "retta via" ci consente anche una visione migliore della realtà. Poche marmotte ma molta gente. Poche fontane ma camionisti come piovesse. Niente parchi naturali ma molta natura umana. Questo nostro viaggio forse non migliora il nostro fisico ma soddisfa la nostra curiosità. Polmoni a rischio ma cuore e cervello in subbuglio. E qui arrivano i camionisti. Quando li vediamo puntare decisamente contro di noi non li amiamo molto. Ma quando poi ci accorgiamo che i bisonti, giunti al punto di non ritorno, fanno un grosso spostamento allargandosi verso il centro della strada li guardiamo con affetto e li salutiamo con grossi cenni della mano. Anche loro agitano la mano. "Vedi, ci salutano, sono carini", dico a Giorgio, io che sono ottimista. E lui che è cinico e pessimista mi risponde: "A me sembrava un vaffanculo". Molti camionisti vanno oltre. Sia che ci vengano incontro, sia che ci superino da dietro, cominciano a suonare il clacson agitano le mani fuori dal finestrino. Sono i veri amici, quelli che hanno ascoltato i nostri collegamenti alla radio e ci riconoscono. Quella di oggi è stata una giornata trionfale da questo punto di vista. Quattro collegamenti con Massimo e Filippo di Caterpillar, con Flavia e Laura di Playradio, con Gioia di Radio Cooperativa di Padova ci hanno trasformato nell'evento mediatico dello stradone Runzi, l'arteria pulsante del Polesine da Badia a Occhiobello. Finisce, come era inevitabile che pranziamo in un distributore Agip e ceniamo in un classico ed enorme ristorante per camionisti, il Palladio. Fuori, cinquanta Tir. Dentro ci saremmo aspettati cinquanta energumeni tatuati e calvi tuffati su enormi piatti di spaghetti al sugo. Invece ci hanno sorpreso con il loro aspetto da impiegati bancari, ognuno col suo tavolino singolo, tutti indirizzati verso due megaschermi, nuova mecca del nazionalpopolare italiano. Due megaschermi, interpretazione di una par condicio da poveri. Da una parte Canale 5 con un filmaccio, dall'altra, per camionisti colti, Piero Angela con qualche dinosauro. Tra i tavolini si aggiravano maliziose cameriere-veline con ombelico scoperto di ordinanza.

Giorgio luma Agnese che lo tratta come un camionista bulgaro. Menu turistico per lui da 10 euri e menu pesce per Giampaolo che non bada a spese, 15 euri. La giornata non poteva che finire in un albergo per camionisti orientali. Un albergo con una storia. Era una fabbrica di sidro dopo la grande alluvione del 51. Diventò il residence preferito della Spal, la squadra locale di Ferrara, quando giocava in C2 (l'albergo si chiamava Motel Spal), e adesso si chiama Hotel Italia, di Occhiobello, da noi ribattezzato Hotel Bulgaria. Ci affacciamo sul retro (anche perché sul davanti non si vedono che Tir) e veniamo colpiti daqll'effetto straniamento. Confiniamo con un capannone di carrozzeria. Fuori è parcheggiata la macchina di Starsky e Hutch, proprio quella, arancione, con il numero 01 sulle porte non apribile, con targa originale americana. "Anche questa è Italia", dice Giorgio. Credo che sia questa sua fondamentale dichiarazione a farmi salire la febbre a 38. Lui dice che no, la colpa della mia febbre è da imputare alle nove ore di trasferimento. Io gli chiedo: "Che posso fare per rimettermi in sesto?" Senza tante parole mi consegna un wafer alla nocciola LD e una tachipirina. Ci aggiungo una bustina di Polase e basta una notte di sudate epiche e tutto torna come prima.

Dimenticavo l'argine. La grande scoperta per noi di una opera che ci sembra un incontro riuscito fra natura e ingegno umano. Giorgio, salite le tre rampe di gradoni a Stienta, rimane colpito e si lascia andare a un'ode al grande fiume Po, ingiustamente sottovalutato. All'impronta si inventa una sua improbabile teoria e si lancia in uno sfogo senza senso. "Ma vi pare che un argine così bello e imponente debba essere trascurato a tal punto? Se fossimo in Francia ne farebbero una Promenade des Anglais. E qui, vi pare possibile che nessuno se lo fili?", dice con lo sguardo più stralunato del solito. E poi la scoperta rivoluzionaria. "Forse è sottovalutato. Basta chiamarlo Po. Chiamiamolo Abbastanza, chiamiamolo Di Più. Sai che ti dico? Io lo chiamo Molto. Anzi Troppo".

Lo vedo allontanarsi canticchiando: "Po-popopopo". Roba che nemmeno Totti.

Archiviamo la giornata con un dubbio. Perché si chiama Occhiobello? Ci sono alcune teorie. Quella che ci dice il proprietario dell'albergo, Michele, fa risalire a un nome diverso, Bellocchio, che voleva dire bellavista, panorama notevole. Michele ci racconta anche l'epopea della rotta, che per quasi tutta l'Italia non vuole dire niente ma qui ricorda l'ottobre del 51 quando il Po se ne uscì rompendo gli argini proprio qui ad Occhiobello, la rotta appunto, e inondò interi paesi che si trovarono improvvisamente sotto quasi tre metri di acqua. Il Po non rientrò nel suo letto prima di un mese, facendo un disastro. Michele ricorda che allora aveva molte mucche e le portò tutte sull'argine vivendo con loro per un mese all'aria aperta. E si beccò il tifo. Pier Maria Romani, che è nato qui e che abita qui, ha 47 anni. Nel 51 quindi non c'era. C'era però a Cuore negli anni Novanta ed io lo conobbi allora, quando profumava le Madonne per farle diventare miracolose come quella di Civitavecchia, oppure faceva confessare a monsignor Bettazzi i suoi amorazzi giovanili. Ci viene a salutare e ci spiega che come tutti i disastri, anche l'alluvione del Po ha avuto il suo bravo effetto perverso. Dichiarata zona depressa, Occhiobello ebbe una tale serie di agevolazioni fiscali che alla fine è diventata la zona più ricca del sud del Veneto. Oggi è una zona di grande consumismo, di immensi outlet, e di ininterrotti centri commerciali.

Purtroppo siamo arrivati a Occhiobello troppo presto. Ad ottobre avremmo potuto assistere al sedicesimo meeting ufologico internaziale. Ogni anno sono tre giornate di grandi incontri durante i quali si discute di presenze extraterrestri, delle manipolazioni della Cia, degli alieni che disegnano i campi di grano, dell'ultima arma piscotronica che inibisce le facoltà sensoriali. Giorgio sostiene che l'applicazione dell'arma piscotronica sul suo mignolo-funghetto potrebbe avere risultati benefici. Ma la deviazione per andare a trovare il professor Di Gennaro, presidente del Centro Ufologico internazionale ci farebbe perdere troppo tempo.

In tutta la giornata di oggi, lungo la strada, la grande sorpresa l'abbiamo avuta a Bagnolo di Po. Nel paese che ha dato i natali a Lela Mora il bar principale è cinese e si chiama Gin e Mao Bar. Lele Mora e il bar cinese. Due eventi straordinari che dovrebbero lanciare Bagnolo di Po nell'arena mediatica. E invece nulla, tranne una fantastica festa sibaritica l'anno scorso quando le strade di Bagnolo di Po erano percorse da Carmen Russo, mezza dozzina di tronisti, decine di veline e vip di ogni genere per festeggiare Lele Mora, l'imperatore dell'effimero televisivo. Oggi non rimane nulla di quella grandiosa giornata. Tutto si dimentica oppure le disgrazie di Lele Mora hanno calato un velo di tristezza e di sconforto sulla cittadinanza?

I paesi di oggi: Crocetta, Canda, Bagnolo di Po, Runzi, Chiavicone, Stienta, Occhiobello, S. Maria Maddalena. 32 km, che portano il totale a 177 km. Media in movimento 4.7 km all'ora per 38 ore e 17 minuti di marcia. Giampaolo ci lascia dopo due giorni di compagnia e viene sostituito dal "vecchio" Paolo Brocca. Ricordate quello che alla fine della tappa di Pederiva aveva la faccia rossa come una mela della Val di Non?


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2 commenti:

Isabella Guarini ha detto...

"Chiavica, frazione di Occhiobello".
Solo la politica supera gli ossimori dela toponomastica!

Anonimo ha detto...

siete mitici...silviaaaaaaaaaa!!!