giovedì 5 luglio 2007

-30bis- MA ALLA FINE APPARVE LUMACA SELVAGGIA

(da Ponticelli ad Allerona Scalo, località Le Prese 33 km oggi per un totale di 580 km alla media di 4,6 km all'ora, ore camminate 125, paesi attraversati Colonnetta, Fabro, Pianlungo)

Quando non conosci un posto, una città, un paese, una via ti capita di poter essere attratto anche solo dal suo nome. Perché suona bene, perché ti piace, perché ne hai sentito parlare o chissà per quale altra motivazione recondita. Forse per questo, stamattina partendo in direzione Allerona Scalo ci sentiamo vogliosi di passare per Ficulle. Ci sembra l’idea migliore, da lì taglieremo ancora una volta l’autostrada A1 e arriveremo alla nostra meta. Giorgio mi fa notare che c’è qualcosa di strano nell’aria: “Ieri siamo passati vicino a Montevenere e in zona c’è anche Fighine, mi sembrano dei posti interessanti”. La caserma, dopo 125 ore di cammino, si sta impossessando di noi. “Come si chiameranno gli abitanti di Ficulle?”, comincio io. “E quelli di Fighine?”, si attacca subito Giorgio. Paolo sostiene che a lui queste cose non interessano più.
Come spesso accade Giorgio comincia a ingolosirsi all’idea di trovare una scorciatoia, un sentiero che ci permetta di arrivare più direttamente alla meta. Mi lascio convincere nonostante io appartenga alla categoria di quelli che odiano le scorciatoie. Decidiamo di rischiare di arrampicarci fino a Fabro per poi buttarci giù in picchiata fino ad Allerona Scalo. Non so perché ma c’è qualcosa di triste in questi paesi con la denominazione “scalo”. Chiusi Scalo, Fabro Scalo, Allerona Scalo. Sono paesi inventati dal nulla quando fu costruita l’Autostrada del Sole. I titolari veri, Allerona, Chiusi e Fabro, infatti, stanno più su, quasi in collina, con uno sguardo altezzoso nei confronti dell’A1.
E’ una giornata abbastanza calda ma dopo uno dei soliti infiniti rettilinei, un’enorme nuvola ci viene incontro portando refrigerio. Giorgio parla al cielo e lo sento ringraziare la “grigitudine” della nuvola. La sua passione esagerata per il meteo non lo abbandona mai. Io per amore della polemica gli ricordo tutte le volte che il meteo ci ha dato delle sòle. Paolo sostiene che a lui queste cose non interessano più.
All’altezza dell’uscita dell’autostrada A1 c’è un ristorante all’interno di un finto castello ma sull’uscio c’è un vero cuoco che mostra di approvare la nostra scelta di passare per Fabro e prendere il sentiero per Allerona Scalo: “Da qui, un’ora e un quarto”, sentenzia con la sicurezza di uno che la sa lunga. “Salite per Fabbro e una volta arrivati al conservone prendete il sentiero”, ci dice salutandoci. Ci arrampichiamo verso Fabro, manco a dirlo all’ora di pranzo, incontrando prima la casa del pellegrino eppoi via Roma che in qualche modo ci dà la sensazione di camminare sulla strada giusta. Sarà il caldo o la stanchezza ma quando entriamo in Fabro sento Giorgio bofonchiare: “Sembra un paesino della Provenza”. Prima che parta il dibattito troviamo una splendida fontanella, senza perdere tempo immergo la testa completamente sottacqua. Un’ora dopo le indicazioni del cuoco, Giorgio importuna una ragazza affacciata alla finestra e riesce a strapparle la notizia che il sentiero è ad un passo. Soprattutto sostiene che per Allerona Scalo ci sono 18 chilometri, per noi in pratica quattro ore. Penso subito che uno dei due, o la ragazza alla finestra o il cuoco del finto castello, è fuori di testa. La realtà è che l’ennesima prova che la distanza percepita dalle persone che incontriamo è molto diversa dalla distanza reale. Ma su questo dovremo tornare a parlare. La ragazza della finestra comunque concorda col cuoco del finto castello: il sentiero parte dopo il conservone.
Ingolositi dall’idea del sentiero non ci dilunghiamo a chiedere informazioni su cosa sia questo benedetto conservone. Comunque non lo troveremo mai. Troveremo invece il sentiero, bello, bianco, con la ghiaia che mi entra nei sandali da tutte le parti. Fa caldo e ci vogliamo fermare da qualche parte a mangiare, possibilmente all’ombra. L’ombra non c’è, la cerchiamo ma non si trova, osterie nemmeno a parlarne. Siamo sul crinale. Un deserto di crinale circondato da calanchi. All’improvviso incontriamo una casa diroccata. Come avvoltoi vedo Giorgio e Paolo che la ispezionano cercando anche un piccolo antro per sostare ma tornano delusi e preoccupati. “C’è il rischio che crolli”, dice Paolo. Io rispondo: “No, guarda, sto ancora bene, ce la faccio”. Ma lui si riferiva alla casa. Proseguiamo e ad un certo punto crediamo di avere le visioni. Davanti a noi la strada si restringe e vediamo due case, fuori da una pende addirittura un’insegna. “Un bar”, urla Giorgio, “un ristorante”, sospira Paolo. “Lumaca selvaggia” dice l’insegna, è tutto chiuso, come al solito, ci sono dei tavolini e un ombrellone, anche lui chiuso. E’ fatta, anche oggi mangiamo in un bar, ristorante o cos’altro sia questo posto, in ogni modo chiuso. Per sicurezza iniziamo a bussare alle porte, a suonare il campanello e ad urlare il sempreverde “c’è qualcuno?”. Siamo indemoniati. Dopo qualche minuto esce un uomo. Lui è stranito nel vederci, noi di più. E’ a torso nudo, con i pantaloni del pigiama arrotolati in vita e ci dice: “Questo è un b&b”. Intende un bed and breakfast, vedo Giorgio irritarsi per la risposta un po’ sostenuta, poi la trattativa si scioglie e ci invita a salire sulla sua veranda. Ci offre birra, Ace della Coop, ombra, un tavolo, delle sedie, delle prese per computer e telefonini e del vino che vende. Maurizio è un’ultraquarantenne, è rosso di capelli, che porta raccolti in un codino, è di Brescia e da 10 anni vive qui, sperduto nel nulla perché così “posso gestire i miei ritmi”. In breve capiamo che è dei nostri. Ecco un altro degli innamoramenti immediati. Se non fosse per gli insopportabili moscerini che popolano la zona ci fermeremmo da lui a dormire facendo saltare i nostri progetti. Maurizio ci racconta che abbiamo appena fatto un sentiero dove gli etruschi avevano costruito una statua di Giano bifronte, che lui ama particolarmente gli umbri, che in questa zona c’è qualcosa di magico e certe mattine senti l’aria positiva e in certe altre quella negativa, che non va più a votare, che non legge i giornali, che per ammazzare le galline fa venire sua mamma da Brescia, che l’acqua la va a prendere a San Casciano dei Bagni e che quella di Fabro che a noi era sembrata così buona invece per lui non lo è.
Sono ormai le cinque quando salutiamo Maurizio, lui ci mostra le sue tre stanze che affitta, molto belle e con il tocco di femminilità di sua moglie. E’ in una posizione strategica: “In un’ora sei a Roma”, ci dice sapendo che per noi ci sono invece ancora almeno tre giorni di viaggio. Il saluto è sofferto, di quelli che continui a girarti a fare ciao con la mano, ci scambiamo i numeri di telefono e ci segniamo il suo sito, www.lumacaselvaggia.it.
Anche oggi, nonostante siamo nella terra degli agriturismo, è dura trovarne uno. Alla fine andiamo verso il podere Sant’Antonio. Stefano il padrone, al telefono, ci vuole dare un appartamento con tre letti, poi Giorgio gli spiega che paghiamo un appartamento a testa e dopo lunga trattativa, anche se gli sembra incredibile, alla fine Stefano accetta. Con una precisazione, non c’è da mangiare. Allora come un gruppo di studenti con i genitori in vacanza ci lanciamo dentro una Coop per fare la spesa per la cena. “Mangiamo in casa”, urlo felice non so perché. Riempiamo tre sacchi della spesa come per un cenone di Capodanno pensando che l’agriturismo sia vicino e soprattutto si arrivi senza un’ascesa degna di nota.
Invece la salita finale è interminabile, sono ormai le nove, sta diventando buio, la strada è sterrata. Giorgio scappa avanti, come tutte le volte che muore dalla stanchezza ma vede il traguardo vicino. Paolo ed io rimaniamo indietro. Non lo vediamo più, al punto che dobbiamo telefonargli per sapere che strada prendere. Mi sembra infinita, quando arriviamo in cima parte la discussione sulla lunghezza della salita, Giorgio dice 250 metri, io sostengo due chilometri, Stefano il proprietario dell’agriturismo dice 500 metri. Paolo sostiene che a lui queste cose non interessano più.
Scopro con felicità che c’è una fantastica piscina e preso dall’ultimo moto d’energia della giornata prendo una piccola rincorsa e mi ci butto dentro. Non mi accorgo però in quel punto l’acqua è bassa. Sono vivo per miracolo. Alzo gli occhi e vedo Giorgio che dalla finestra della sua camera scuote la testa. Siamo un gruppo e uno deve fare tesoro dell’esperienza dell’altro, avverto Paolo che è meglio entrare con attenzione in piscina e soprattutto dove l’acqua è più alta.
Oggi siamo talmente stanchi che non prendiamo nemmeno in considerazione l’idea di metterci a scrivere il racconto della giornata, anche stasera pensiamo che domani potremmo fermarci un giorno se non recuperiamo la stanchezza dei 33 chilometri. Ceniamo nella stanza di Paolo come una vera famigliola tedesca in vacanza. Pasta con il gorgonzola, costoletta di maiale, insalata mista e birra.


Tutte le foto di oggi.
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2 commenti:

Anonimo ha detto...

Mi siete mancati!!! Che bello avere un regalino in ritardo... Buon riposo ora, cazzeggiatori. Vi baciamo.

Vittorio Grondona - Bologna ha detto...
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