lunedì 2 luglio 2007

-27 bis- L'INSOSTENIBILE LUNGHEZZA DELL'ARGINE

(da Arezzo a Foiano della Chiana, 31 km oggi, 497 km in totale, media generale 4,6 km all'ora, 107 ore camminate)

E' la giornata di Leopoldo II, granduca di Toscana dal 1824 al 1859. Siamo ormai nel suo territorio, quello che lui chiamava con affetto "la toscanina". Siamo addirittura in quelle zone, la val di Chiana, che lui bonificò con un colpo di genio, facendo invertire il corso di un canale, il Maestro delle Chiane, che usciva dall'Arno e portava le sue acque nel lago di Montepulciano. Da allora esce dal lago di Montepucliano e sfocia nell'Arno. Corrado, che ci ha accompagnato ieri, quando è venuto a prenderci alla Gravenna per condurci ad Arezzo, ci ha raccontato le storie di queste contrade con molta partecipazione. E' molto orgoglioso di essere un "chianino" e racconta la storia di Leopoldo II quasi parlasse di un suo antenato. Noi percorriamo per tutto il giorno il canale, camminando sull'argine per 20 interminabili km. Abiamo scelto questo percorso convinti di fare una furbata, di risparmiare tempo e fatica e di evitare almeno per un po' macchine, moto e tir. Corrado ci aveva raccontato le sette bellezze. "Io in quel canale da bambino ci andavo a fare il bagno". Quando vediamo il canale in oggetto restiamo sbalorditi. Vediamo un fiumiciattolo con poca e sporca acqua che scorre lentamente, anzi sembra quasi che non scorra per niente, all'interno di un letto molto ampio e profondo che potrebbe contenere un fiume serio. Poca e sporca acqua che frequenti idrovore succhiano, sollevano e spargono tra i filari di pere, mele, uva e nei campi di frumento. A noi sembra quasi che peri e meli accettino quest'acqua di malavoglia, solo perché non possono dire di no. Comunque che ci piaccia o no questa è la Val di Chiana che ci viene incontro. "Ma le mucche, dove stanno?" chiede improvvisamente Giorgio rendendosi conto che non ha ancora visto la materia prima delle famose bistecche chianine che vengono offerte nei ristoranti locali con la stessa insistenza con la quale a Cuba ti tirano dietro l'aragosta. Le mucche, effettivamente, dove sono? Vorremmo chiederlo ma non c'è nessuno a cui chiederlo. L'entusiasmo con il quale avevamo cercato e trovato l'argine, si trasforma alla fine in noia e anche in sofferenza. Camminare per cinque ore sempre diritto e sempre con lo stesso immutabile paesaggio, alla fine ti fa provare nostalgia perfino per l'asfalto che ti scalda le suole. Paolo ci segnala un paio di aironi e qualche fagiano. Incontriamo anche un trattorista e un ciclista in mountain bike. Poco per questo viaggio che ha trovato negli incontri ravvicinati con la gente uno dei momenti più piacevoli. Sull'argine mi scoppia anche di nuovo la tendinite. Io che vado orgoglioso della mancanza di vesciche, il cui merito attribuisco ai miei scarponcini leggeri, vengo tradito proprio da loro? Il mio tendine destro che mi aveva già dato fastidio due giorni fa, si infiamma di nuovo tentando di impedirmi di camminare. Scelgo una soluzione drastica. Via gli scarponi e vai con le birkenstock tecniche che ho usato finora solo come sandali da riposo. La situazione migliora un po' anche se il fondo ghiaioso non aiuta. sassolini che entrano tra suola e pianta del piede costringono a numerose fermate. Facciamo la solita sosta per il collegamento con Barabba, Radio2, e mentre Matteo e la Laura cercano di capire come al solito il perché di tutto questo, mi distraggo e lascio sull'erba il mio prezioso cappello da cacciatore di coccodrilli. Un episodio che può sembrare sciocco e in significante. Ma tornare indietro è vietato dalla nostra religione, e comunque è faticoso, e comunque non so dove ho perso il cappello, e comunque non posso rimanere senza cappello, strumento fondamentale per la sopravvivenza. Paolo si offre generosamente di intraprendere le ricerche. Io lo seguo a distanza per non rendere troppo evidente che sto approfittando di lui. Ho la scusa del tendine, ma il cappello è mio, ed anche i piedi di Paolo non sono poi uno splendore. Per fortuna bastano cento o duecento metri per risolvere la questione. Vedo Paolo chinarsi a terra e rialzarsi sventolando gioiosamente l'oggetto del desiderio. E' come se avesse trovato un pepitone d'oro. Ripartiamo tutti più felici.

Franco ci abbandona. Ha un appuntamento, programmato da giorni con sua moglie che è venuta a prenderlo. Vederlo allontanarsi in direzione opposta alla nostra ci intristisce un po'. Ci rendiamo conto che questa lunga marcetta, una cosa in fondo sciocca e nemmeno tanto importante, ci altera un po' le percezioni. E' così drammatico il fatto che Franco, il gigante di Cura di Vetralla, ci lasci? Beh, sì. Ci abbracciamo come dopo un viaggio di tre mesi, come dopo la conquista di una vetta, come se non dovessimo vederci più. E dopo nemmeno due ore, sempre sull'argine, ce lo vediamo venire incontro insieme a sua moglie che voleva conoscerci e alla sua cagnetta reduce dalla chemioterapia. Non è il solo ritorno. Ritroviamo anche Corrado, il "botolo rognoso" come lo chiamava Giorgio storpiando la definizione che Dante Alighieri aveva dato degli aretini. "Stamattina mi sono alzato e ho riflettuto", dice. "Mi avete fatto percorrere lentamente lo stesso tratto di strada che faccio tutte le mattine velocemente e in pochi minuti. Volevo ringraziarvi ancora". Quale migliore ringraziamento di un gelato per tutti e tre?

Mangiamo per la prima volta sull'erba. Rimpiangiamo perfino i nostri amati bar chiusi. Paolo sfodera panini con prosciutto cotto, birra fredda, pomodori, pesche. Franco ci guarda dall'alto insieme alla moglie, alla cagnolina e a Corrado.

Poi se ne vanno definitivamente e noi riprendiamo la strada sterrata dell'argine che non possiamo abbandonare fin quando non arriveremo al ponte di Brolio dove prenderemo la strada per Foiano dove abbiamo prenotato e dove mi aspetta tutta la mia famiglia in uno scenario di cenone natalizio.

Insomma la valle, finora, non ci è piaciuta. Il dolce paesaggio delle colline toscane non sembra esserci. Di pere e di mele non ne possiamo più. E il grano non riesce a commuoverci. Giorgio dice che solo la visione di una mucca chianina potrebbe risollevargli lo spirito. Ma di mucche nemmeno l'ombra. Di animali purchessia neppure. Nemmeno un pollo, nemmeno una pecora. "Ieri abbiamo incontrato tre struzzi", tento di sdrammatizzare. E poi, improvvisamente, l'argine finisce. Foiano sembra a portata di piede. Quando il Garmin ci dice che fra un km saremo sotto la doccia, la doccia arriva ma è una doccia fredda. La solita salita spezzagambe, un toccasana per il mio tendine e per le vesciche di Paolo. Il bed and breakfast alla fine arriva. Ma molto alla fine. E' molto bello, confortevole e, come direbbe Lapo Elkann, friendly. Si chiama Toscanina del Canapone, in omaggio al celebre Leopoldo II che siccome era un pennolone alto e biondo che girava su un cavallo bianco si era meritato questo soprannome affettuoso dai suoi sudditi, Canapone.

Immergo subito il mio tendine in un grosso catino pieno di ghiaccio. Una terapia d'urto che sembra una tortura e che prosegue con un impacco di gel surgelato. Poi la cena con mia madre, mia sorella, mio cognato, mia zia, mio nipote, la sua fidanzata. Più Alfonsina, la nostra assistente medica a distanza con suo marito. E Lilla, il piccolo cane nero di mia madre, il più petulante cane del mondo. Sono venuti tutti a festeggiarci in anticipo. Qualcosa tipo L'isola dei famosi quando i parenti arrivano in trasmissione a dire: "Siamo fieri di voi". Noi non diamo la soddisfazione che meriterebbe un'accoglienza così festosa. Siamo veramente stanchi. Abbiamo fatto 31 km. Le cifre dicono che tutte le volte che abbiamo superato i trenta km le febbri si sono impadronite su di noi. Non abbiamo né tempo, né voglia, né forza per aggiornare il blog. I lettori capiranno. E se non capiranno, chissenefrega. Nei lettoni leopoldini (quello di Giorgio addirittura con baldacchino) il sonno si abbatte all'istante di noi. Solo il tempo di meditare un attimo sulla possibilità di camminare anche domani. Tutto dipende da come supererà la notte il mio tendine infuocato. Si ventila addirittura l'ipotesi di una giornata di riposo. Un caso raro di sogno preventivo.


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